Giovedì 13 marzo, a Milano, è stato presentato il rapporto annuale “Nevediversa” di Legambiente. Più che i commenti e le indignazioni – ai quali siamo costantemente sottoposti – sono i puri numeri raccolti in questa indagine che inducono a riflettere. Numeri che mi fano sentire meno solo in questo clima generale dove ogni questione è affrontata attraverso indottrinamenti ideologici e schieramenti di parte. Eccoli, e poi ognuno si faccia la propria idea…
Nella Penisola sono 265 le strutture legate agli sci non più funzionanti, un dato raddoppiato rispetto al 2020 quando ne erano state censite 132. Piemonte (76), Lombardia (33), Abruzzo (31) e Veneto (30). Le piccole stazioni chiudono per mancanza di neve e perché schiacciate dalla concorrenza dei grandi comprensori, che si prendono le fette di mercato più consistenti degli sciatori stranieri.
Chiudono i piccoli centri, dopo anni di accanimento terapeutico attraverso forti iniezioni di denaro pubblico. Ma se aumentano gli addii, aumentano anche i bacini per la neve programmata a servizio di chi tenta di resistere. Si scava, si impermeabilizza il terreno, perché per fare la neve serve sempre più acqua: 165 sono i bacini mappati ad oggi in Italia tramite le immagini satellitari, per una superficie totale pari a 1.896.317 mq circa. Si stenta a crederlo, ma quella superficie corrisponde a metà di quella del Lago di Garda. Il Trentino-Alto Adige è la regione con più bacini censiti (60), seguita da Lombardia (23), e Piemonte (23), la Valle d’Aosta (14).
Sono poi 112 le strutture temporaneamente chiuse, mentre 128 quelle un “po’ aperte, un po’ chiuse”. Tutto questo mentre i dati della Fondazione CIMA certificano che negli ultimi anni sulle Alpi, tra i mille e i duemila metri, la riduzione dell’innevamento naturale è del 71% e addirittura del 94% sugli Appennini.
Eppure, il Ministero del Turismo eroga contributi pari a 430 milioni di euro, destinati a compensare le perdite subite dai comprensori sciistici. E continuerà a finanziare a fondo perduto le imprese che gestiscono impianti di risalita a fune con fondi speciali. Si chiama pura ideologia, puro schieramento di parte, sul quale i numeri, i dati, i riscontri passano come acqua sulle pietre.
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