Effetto Trump, con le tensioni globali rincara il mutuo – Notizie


I tassi di mercato tornano a salire nonostante i tagli della Bce: l’effetto si vede già sui mutui che diventano più costosi. E la colpa è delle tensioni geopolitiche. Lo dice l’Associazione bancaria italiana nel suo rapporto mensile che rileva come comincino a sentirsi anche sul credito l’impatto della guerra commerciale di Trump, l’effetto traino sul debito europeo dei rendimenti dei treasuries americani alle stelle per i piani di spesa, la tensione sui titoli di Stato legata alle maxi-emissioni che serviranno per finanziare la difesa europea.

A febbraio, spiega l’Abi nel documento, il “rallentamento della crescita economica, confermato dai recenti dati ufficiali, contribuisce a deprimere la domanda di prestiti” con una divaricazione fra le richieste delle famiglie, comunque cresciuti dello 0,4%, e quelle delle imprese che con gli investimenti in calo segnano un -1,9%.

Il tasso medio sui nuovi prestiti alle imprese è sceso al 3,98% dal 4,15% di gennaio; quello sui nuovi mutui invece è salito lievemente al 3,17% da 3,12% nel mese precedente. Il tasso medio sul totale dei prestiti (quindi sottoscritti negli anni) è sceso al 4,27% dal 4,32% del mese precedente: in calo, ma molto meno rispetto alla discesa più decisa che si era vista negli ultimo mesi.

Gianfranco Torriero, vice direttore generale vicario dell’Abi, ha spiegato che mentre i tassi a breve diminuiscono con i tassi di policy della Bce, ci sono “segnali di lieve rialzo” sui tassi a medio e lungo termine. Segnali di un’inversione di tendenza “determinati da andamenti geopolitici” che stanno facendo salire i tassi di mercato. Con l’Irs a dieci anni che ai primi di marzo viaggiava al 2,64% rispetto al minimo del 2,23% di dicembre 2024.

L’aumento del tasso usato come parametro di riferimento per i mutui riflette quello che da settimane si sta vedendo sui Btp: se il tasso Bce in calo (ora al 2,50%) sta abbassando i tassi a breve, i titoli pubblici a dieci anni sono saliti oltre il 4% in questi giorni, un’impennata decisa rispetto alla media del 3,52% di febbraio.

Succede in tutta Europa, visto che il Bund tedesco ha visto correre i suoi rendimenti dal 2,40% al 2,88% in pochi giorni sui piani di spesa di Berlino per la difesa europea. E succede negli Usa, dove i treasuries americani sono schizzati dal 3,60% di settembre a un massimo del 4,80% a gennaio dopo l’elezione di Trump, fra piani di spesa e dazi che suggeriscono inflazione in arrivo nei prossimi anni. E dunque banche centrali meno generose sul costo del denaro.

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