La Legge di Bilancio 2025 introduce per gli amministratori di società l’obbligo di comunicare il proprio domicilio digitale al Registro delle Imprese. Con la nota n. 43836 del 12 marzo scorso, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) ha chiarito [con qualche sorpresa mista a preoccupazione per parecchi interessati…] che tale obbligo riguarda anche gli amministratori di società costituite prima del 1° gennaio 2025, i quali dovranno adeguarsi entro il 30 giugno 2025.
Inoltre, la comunicazione da parte dell’amministratore della propria PEC – attenzione – sarà necessaria anche in caso di nomine, rinnovi o designazione di liquidatori.
Come già evidenziato nella Sediva News del 23 gennaio 2025 (Ancora sull’obbligo degli amministratori di comunicare la propria PEC in CCIAA), però, l’indirizzo PEC dell’amministratore non può – ecco il punto – coincidere con quello della società.
La ratio della norma è chiara: garantire un canale di comunicazione diretto e personale tra l’amministratore e i soggetti terzi.
L’obbligo coinvolge, vale la pena ricordarlo, tutte le società di persone e di capitali, escluse le società semplici [ma non quelle agricole, perciò anch’esse coinvolte] e le società di mutuo soccorso.
Infine, rientrano nel perimetro normativo anche le reti di impresa con soggettività giuridica [quindi dovrebbero essere escluse quelle costituite tra farmacie – come è previsto in alcune regioni – per l’erogazione di nuovi servizi in locali distaccati, un tema quest’ultimo che abbiamo trattato in più di una circostanza.
Ma la domanda sorge anche qui spontanea: quid iuris [cioè, che accade giuridicamente] in caso di mancato adempimento dell’obbligo di comunicazione da parte di un amministratore?
E in caso di inadempimento?
La risposta sembra semplice: la Camera di Commercio sospenderà l’iter istruttorio [e, si badi bene, questa non è una criticità banalissima per la società amministrata, perché tale sospensione impedisce – ancor più nei casi di società di nuova costituzione – l’effettività, anzi l’efficacia della nomina dell’amministratore, ma anche evidentemente quella del rinnovo di nomina o della designazione del liquidatore] concedendo un termine di 30 giorni per regolarizzare la posizione.
Se l’inadempimento persiste, la domanda [di iscrizione della nuova società, di iscrizione della nomina del nuovo amministratore, di iscrizione del rinnovo della nomina e, infine, di iscrizione della designazione del liquidatore] sarà rigettata con la conseguenza, come detto, della mancata effettività/efficacia dell’iscrizione in CCIAA e perciò in definitiva – perlomeno in molti casi – dell’inoperatività della società.
Ma la mancata comunicazione espone l’amministratore – questa volta senza coinvolgere la società come tale – a sanzioni pecuniarie che, ai sensi dell’art. 2630 c.c., vanno da 103 a 1.032 euro, e sono ridotte a un terzo se la regolarizzazione avviene entro 30 giorni dalla scadenza.
Analogamente a quanto previsto per l’iscrizione della PEC dell’impresa, anche la PEC dell’amministratore è esente da imposta di bollo e diritti di segreteria.
Alla luce di queste nuove disposizioni, gli amministratori devono quindi attivarsi senza indugi e in particolare – è ovvio – dotarsi rapidamente di una PEC personale e autonoma, naturalmente distinta da quella della società.
Tra l’altro, l’esatto e tempestivo adempimento a tali (nuove) incombenze permette di sottrarsi al rischio di sanzioni, ma anche di prevenire ritardi e complicazioni che – è vero – parrebbero soltanto burocratiche, ma che in realtà finirebbero per impattare pesantemente sulla regolare operatività della società.
(stefano stati – mario astrologo)
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