Al 31 dicembre 2024 i fondi propri scendono da 296,4 milioni di euro a 188 milioni al netto degli effetti fiscali, e il Tcr (cioé il rapporto tra il capitale totale della banca e gli attivi ponderati per il rischio) si è ridotto «dal 13,9% al 9,3%, inferiore al livello minimo (10,10%) imposto dalla Vigilanza
Banca Progetto, ieri commissariata da Banca d’Italia con un provvedimento con pochi precedenti su un istituto di credito di queste dimensioni, é un problema per via Nazionale non solo per i nuovi scoperti numeri in picchiata (più di 110 milioni di euro di maggiori perdite non contabilizzate, due parametri sui crediti deteriorati ormai sotto la soglia minima prevista dai regolamenti), ma anche perché ciò é avvenuto nonostante la situazione di Banca Progetto fosse «da tempo all’attenzione della Vigilanza» le cui ispezioni «nel novembre 2021 e febbraio 2022» si erano concluse con un giudizio «parzialmente sfavorevole», una sanzione di 100.000 euro, e successive censure ai «ritardi e rallentamenti nell’effettiva implementazione delle attività rimediali», nonché «dubbi sulla completezza e l’idoneità degli interventi realizzati».
Situazione critica
Forse, però, ancora un po’ troppo poco a confronto della reale situazione che la stessa Banca d’Italia scrive ora di aver trovato da quando un nuovo suo team ispettivo é entrato in Banca Progetto il 30 ottobre 2024: e cioè una settimana dopo che i pm Silvia Bonardi e Paolo Storari avevano ottenuto dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano l’amministrazione giudiziaria dell’istituto di cui avevano scoperto la disinvoltura nell’elargire prestiti (persino a imprenditori nell’orbita di ‘ndrangheta per almeno 10 milioni) assistiti, in caso di non restituzione, dalla garanzia pubblica del «tanto paga Pantalone», cioè del Mediocredito centrale a sostegno di piccole e medie imprese.
Perdite non contabilizzate
Le nuove analisi ispettive, riassume ora infatti via Nazionale, «hanno evidenziato una marcata sottostima del rischio del portafoglio prestiti» perché il NPL ratio – cioè il rapporto tra il totale dei crediti deteriorati (Npl-non performing loans) e l’intero stock dei crediti erogati dalla banca – «é salito al 17% contro l’11,2%» del 30 settembre 2024. Ne sono derivate gravi perdite patrimoniali non ancora contabilizzate dall’azienda: al 31 dicembre 2024 i fondi propri scendono da 296,4 milioni di euro a 188 milioni al netto degli effetti fiscali», e il Tcr (cioé il rapporto tra il capitale totale della banca e gli attivi ponderati per il rischio) si è ridotto «dal 13,9% al 9,3%, inferiore al livello minimo (10,10%) imposto dalla Vigilanza», con «anche il coefficiente di leva sotto la soglia normativa (1,9% invece del 3%)».
Irregolarità anche nell’antiriciclaggio
In più «la presenza di una rilevante aliquota di posizioni ancora in preammortamento (23%) e in moratoria (6%) rappresenta un ulteriore fattore di possibile aggravamento prospettico della rischiosità e della situazione patrimoniale». Già solo limitandosi al campione esaminato dagli ispettori di Banca d’Italia, si é imposta «la riclassificazione fra i deteriorati di 96 debitori in bonis (74% del totale dei crediti della specie inseriti nel campione)», si sono contate «maggiori perdite per 91 milioni», e si profilano «ulteriori rettifiche sui crediti deteriorati non rientranti nel campione ispettivo per 24 milioni».
Banca d’Italia rileva poi che gravi irregolarità anche nell’antiriciclaggio «si sono protratte anche dopo l’avvio dell’amministrazione giudiziaria, concorrendo a elevare le previsioni di perdita: diffuse gravi anomalie» hanno per via Nazionale ad esempio investito i rapporti con Samag Holding Logistics SpA, su cui l’istituto ha perso 14,3 milioni su 33 prestati prima che l’azienda finisse in liquidazione giudiziale un mese fa, con Logistic care srl, Gruppo Atlas consulting, Luxury cloud srl, Hospitality Alto Salento srl, Gruppo Helbiz. E con riferimento alle «analisi ispettive finora svolte su un campione di 17 posizioni presentate dall’agente finanziario Marfin srl» (al centro di un altro procedimento penale della Procura di Brescia), su «un’esposizione al 30 settembre 2024 di 51 milioni la riclassificazione fra i deteriorati» ha determinato «maggiori perdite per 7 milioni».
Azione carente del management e degli organi di controllo
Questo «modello di crescita non prudente, ispirato ad un accentuato sviluppo dei volumi senza sostanziali adeguamenti dei presidi», per Banca d’Italia è stato promossa dall’ex ad Paolo Fiorentino, «che ha minimizzato la portata del deterioramento della qualità dell’attivo sulla scorta della copertura assicurata dalle garanzie pubbliche», anche grazie alla «insoddisfacente azione del CdA che lo ha sempre acriticamente avallato», e alla «largamente carente azione di sorveglianza del Collegio sindacale».
lferrarella@corriere.it
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