Concordato preventivo, le novità dal CdM – Confederazione Imprese Italia


Il 13 marzo 2025 il Consiglio dei Ministri ha approvato una proroga e delle modifiche al concordato preventivo biennale, estendendo il termine di adesione 30 settembre 2025.

Tale rimodulazione si è resa necessaria al fine garantire un accesso piu ampio alla misura che non ha avuto l’adesione sperata: solo 600mila persone hanno aderito, un dato comunque inferiore rispetto alle proiezioni iniziali. Le adesioni sono state particolarmente basse tra i contribuenti in regime forfetario, che avrebbero dovuto invece beneficiare di vantaggi fiscali limitati a un solo anno.

Il concordato preventivo è uno strumento fiscale che ha il fine di offrire ai contribuenti la possibilità di regolarizzare la propria posizione fiscale in cambio di una percentuale sul reddito. In pratica, chi accetta di aderire al concordato, paga una somma fissa in base al reddito dichiarato, con il vantaggio di avere meno controlli e alcune agevolazioni fiscali. Questo strumento è stato pensato principalmente per i professionisti e le partite IVA che prevedono guadagni superiori a quelli inizialmente stimati dal Fisco, o che desiderano sanare redditi non dichiarati tra il 2018 e il 2022.

Il decreto approvato in Consiglio dei Ministri, oltre a modificare i termini di adesione al concordato preventivo, esclude le partite IVA che operano sotto il regime forfetario, soggette alla flat tax del 15% dai beneficiari della misura. I cosiddetti forfettari quindi non potranno più aderire al patto con il Fisco e dovranno continuare a utilizzare la classificazione indicata dai codici Ateco 2017 almeno fino a quando non saranno definitivamente elaborati dei nuovi coefficienti sulla base della classificazione Ateco 2025.

Inoltre, l’imposta sostitutiva aumenterà nel caso in cui la differenza tra il reddito concordato e il reddito effettivo del periodo d’imposta precedente superi gli 85mila euro. In questo caso, il contribuente dovrà applicare le aliquote marginali Irpef (fino al 43% per le persone fisiche) o l’aliquota del 24% nel caso di società di capitali.

Nonostante le modifiche, la misura continua a essere vista come una soluzione importante per consentire ai contribuenti di regolarizzare la propria posizione fiscale, specialmente in un periodo di incertezze economiche e fiscali. Il decreto avrebbe l’obiettivo, infatti, di allineare meglio il concordato alle necessità dei contribuenti, ampliando la platea di chi può parteciparvi. Tuttavia, la sfida resta quella di invogliare le partite IVA a partecipare e garantire che il sistema di calcolo delle imposte sia equo e sostenibile.



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