Contrasto al finanziamento di imprese di mine antipersona


Il contributo analizza le misure di contrasto connesse al divieto di finanziamento – imposto dalla Legge 220 del 9 dicembre 2021 –  di imprese coinvolte nella produzione o commercio di mine antipersona e munizioni a grappolo, approfondendo in particolare la discussa nozione di “finanziamento”. 


Introduzione

La legge 220 del 9 dicembre 2021 contenente “Misure per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e submunizioni a grappolo” (la “Legge”) ha introdotto il divieto totale al finanziamento di società – in qualunque forma costituite – aventi sede in Italia o all’estero – che svolgano attività di “costruzione, produzione, sviluppo, assemblaggio, riparazione, conservazione, impiego, utilizzo, immagazzinaggio, stoccaggio, detenzione, promozione, vendita, distribuzione, importazione, esportazione, trasferimento o trasporto delle mine antipersona, delle munizioni e submunizioni cluster, di qualunque natura o composizione, o di parti di esse.”

Il divieto comprende l’attività svolta dalle società sia direttamente che indirettamente tramite società controllate o collegate. La Legge rimanda all’articolo 2359 del codice civile per la nozione di controllo o collegamento.

Destinatari del divieto sono gli “intermediari abilitati”, come definiti nella stessa Legge, ovverosia le società di intermediazione mobiliare (SIM) italiane, le banche italiane, i gestori italiani, gli istituti di moneta elettronica italiani, gli istituti di pagamento italiani, i soggetti iscritti nell’elenco di cui all’articolo 111 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco di cui all’articolo 106 del medesimo testo unico, ivi compresi i confidi, la società Poste italiane S.p.A. per l’attività di bancoposta, la società Cassa depositi e prestiti S.p.A., le succursali insediate in Italia di SIM, gestori, banche, istituti di moneta elettronica e istituti di pagamento aventi sede legale in un altro Paese dell’Unione europea o in un Paese terzo, le imprese di assicurazione, le imprese di riassicurazione e le sedi secondarie insediate in Italia delle imprese di assicurazione e delle imprese di riassicurazione aventi sede legale e amministrazione centrale in un altro Paese dell’Unione europea o in un Paese terzo, gli agenti di cambio, le fondazioni di origine bancaria e i fondi pensione

Nell’intento di dare attuazione al predetto divieto, il 28 aprile 2023 la Banca d’Italia, la COVIP, l’IVASS e il MEF hanno pubblicato una bozza congiunta delle disposizioni attuative della Legge (“Disposizioni Attuative”) che, all’esito della consultazione con il pubblico, sono state approvate in via definitiva il 26 luglio 2024 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 184 del 7 agosto 2024 (in vigore dall’8 agosto 2024).

Agli intermediari abilitati è stato assegnato un termine di 6 mesi dalla data di entrata in vigore delle Disposizioni Attuative per adeguarsi alle nuove previsioni.

E’ proprio nella fase di adeguamento a tale nuovo contesto normativo che sono sorti i primi problemi interpretativi e applicativi, che fanno tutt’ora discutere gli operatori del settore.

1. Ambito oggettivo del divieto: approccio look-through?

La nozione di “finanziamento” (vietato a certe condizioni) contenuta nella Legge nasconde una serie di problematiche interpretative. In questo senso, le Disposizioni Attuative non sono di particolare aiuto, lasciando agli intermediari la flessibilità di adottare i presidi più appropriati per contrastare il finanziamento di imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e submunizioni a grappolo, in un’ottica risk-based e sulla base del principio di proporzionalità.

E’ chiaro che il rimando a concetti come approccio basato sul rischio e proporzionalità rischiano di creare incertezze e, soprattutto, prassi variegate.

Se si guarda alla definizione contenuta nella Legge, nel finanziamento viene ricompresa qualunque forma di supporto finanziario, sia esso diretto o indiretto, alle società incluse nell’ambito della Legge, ivi inclusi a titolo esemplificativo, la concessione di credito in qualsiasi forma, l’emissione di garanzie finanziarie, l’assunzione di partecipazioni azionarie, l’acquisto o la sottoscrizione di strumenti finanziari emessi dalle società stesse – sia sul mercato primario che secondario, comprese le transazioni OTC.

Basandosi sul dato letterale, gli operatori hanno cercato di escludere attività quali per esempio, il mero marketing di prodotti finanziari che investono nelle società incluse nel divieto o i servizi di investimento esecutivi (quali ricezione e trasmissione di ordini e negoziazione) perché non determinano di per se un “supporto finanziario”, non bastando tuttavia tale interpretazione a scongiurare un’applicazione più ampia del divieto.

In tal senso, infatti, i chiarimenti forniti dalle Autorità di Vigilanza nell’ambito della consultazione del mercato sulle Disposizioni Attuative, non hanno escluso che “relazioni di natura diversa dai finanziamenti” possano intendersi incluse nel divieto, o che “l’operatività in conto terzi” possa costituire supporto finanziario.

Nella medesima direzione sembra collocarsi la posizione delle Autorità di Vigilanza in merito all’applicabilità del divieto di finanziamento agli investimenti indiretti (lookthrough), quando in risposta ad una richiesta di chiarimenti sul finanziamentoindiretto” – attraverso organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR), ivi inclusi i fondi alternativi e gli ETF, strumenti derivati su indice e, più in generale, strumenti finanziari non direttamente emessi dalle società oggetto del divieto – le Autorità hanno espresso la seguente posizione:

  • la Legge non contiene né indicazioni puntuali né deroghe espresse in merito all’applicabilità del divieto di finanziamento agli investimenti indiretti;
  • non è possibile introdurre nelle Disposizioni Attuative soglie di materialità o altri criteri che delimitino l’ambito di applicazione del divieto; e
  • spetta agli intermediari definire i presidi per identificare, monitorare e valutare il rischio di violazione del divieto di finanziamento contenuto nella Legge, modellando le soluzioni più appropriate a seconda del caso specifico.

Nessun dubbio che il divieto debba estendersi al marketing così come ai servizi esecutivi e adviced (quale la gestione di portafogli).

Resterebbe esclusa solo la consulenza in materia investimenti, almeno in prima battuta, quando la stessa sia prestata standalone (ovverosia non in abbinamento con altri servizi di investimento), salvo in ogni caso dover considerare il divieto in fase di valutazione delle preferenze di sostenibilità del cliente, ai fini dell’assessment dell’adeguatezza dell’investimento proposto. In pratica, raccomandare un prodotto che investa nelle società oggetto del divieto potrebbe non essere “adeguato” al profilo del cliente ed ai suoi obiettivi di investimento.

Dunque “nulla è escluso tutto è incluso”? E’ questa opacità delle previsioni ad indebolire la stessa portata prescrittiva della Legge? O forse la stessa va letta come un’opportunità per gli intermediari stessi di graduare le misure e le politiche interne sulla base delle reali esigenze del business e dei clienti, caso per caso?

2. Ambito soggettivo del divieto e impatto sui soggetti esteri operanti in Italia

Visto il carattere tassativo dell’elencazione contenuta nella Legge, deve quindi ritenersi che la stessa ricomprenda solo gli intermediari abilitati espressamente individuati.

Sono esclusi i soggetti esteri che operano in Italia in libera prestazione di servizi, in quanto non contenuti nell’elencazione?

Si, ma solo formalmente.

Questo perché molti degli intermediari o OICR che interagiscono a distanza con clientela locale finiscono per essere comunque intaccati dal divieto, quando il cliente professionale di turno, per essere conforme alle proprie politiche di investimento interne, chiede agli stessi di fornire idonea attestazione che il prodotto o l’operazione proposta non violino la Legge – i.e. che il prodotto non investa neanche in minima parte nelle società oggetto del divieto o l’operazione non celi un supporto finanziario alle medesime società.

Dunque, vero è che in linea di principio i soggetti che operano in libera prestazione di servizi o gli OICR esteri non sono tenuti ad adeguarsi alla Legge ed alle Disposizioni Attuative, ma è vero pure che ove richiesto dal cliente italiano (soggetto alla Legge ove intermediario abilitato) lo stesso debba adeguarsi, pena la mancata vendita e sottoscrizione del prodotto stesso.

Stesso discorso vale per i gestori esteri delle risorse dei fondi pensione – trattandosi di una gestione sostanzialmente “passiva”, ovverosia, da effettuarsi in base alle strategie e linee guida di investimento indicate dal fondo pensione stesso (già in fase di Bando per la gestione delle risorse del fondo pensione), in accordo con i limiti previsti dalla Legge.

3. Prime prassi applicative

Guardando alla prassi del settore, lo spettro di approcci adottati nel mercato vede, da un lato, intermediari che mantengono una politica di esclusione completa che si applica a tutti i tipi di investimenti e, dall’altro, intermediari che adottano un approccio differenziato a seconda del tipo di prodotto coinvolto.

Dall’analisi delle normative interne adottate da alcuni dei maggiori players, si deduce quanto segue:

  • gli intermediari tendono a escludere dall’ambito di applicazione dei propri controlli, investimenti in cui non hanno discrezionalità sulla selezione dei titoli, il che può comportare l’esclusione, ad esempio, di prodotti di terze parti che sostanzialmente riproducono l’andamento o i cui rendimenti dipendono da indici di mercato;
  • di questi prodotti di terze parti, inclusi ETF passivi e fondi indicizzati, l’esclusione non è generale e va valutata caso per caso, a seconda della diversificazione del relativo prodotto (ad esempio, un ETF single name rimarrebbe catturato dal divieto) e rappresentatività in relazione al mercato di riferimento o allo scopo per cui vengono utilizzati (es: gestione efficiente, copertura o esposizione del portafoglio a determinati mercati); e
  • può ipotizzarsi in linea di principio l’adozione di una politica più flessibile, salvo diversa richiesta dei clienti. Al contrario, nel caso in cui le politiche di esclusione dei clienti siano meno restrittive della politica dell’intermediario, lo stesso potrebbe riservarsi il diritto di valutare ed eventualmente rifiutare di eseguire la richiesta di investimento del cliente caso per caso.

4. Gli elenchi

Ai fini del divieto, agli intermediari è imposto di consultare elenchi pubblicamente disponibili.

Quali elenchi? Anche in questo caso, ci si aspettava indicazioni precise da parte dei regolatori nazionali – aspettativa tuttavia che è stata disattesa.

Ci sono varie liste in circolazione, alcune suggerite da associazioni di categoria, altre realizzate da società di consulenza. Nessuna di tali liste ha ricevuto il vaglio del regolatore nazionale.

Pertanto, in un contesto di massima flessibilità, potrebbe bastare tenere traccia di aver consultato una delle liste per essere conformi alla Legge, senza doversi preoccupare se una società è inclusa in una lista ma non in altre (come per la società Boeing Distribution Services Inc.).

Questa sembrerebbe essere la posizione del regolatore che ha da subito precisato la non imputabilità agli intermediari di eventuali errori o carenze negli elenchi consultati, non essendo gli stessi responsabili della loro correttezza.

Rientra invece nei compiti degli intermediari l’adozione di opportuni presidi finalizzati alla verifica, per quanto possibile e seguendo un approccio risk- based, della corrispondenza dei dati identificativi della società target, avente sede in Italia o all’estero, e delle società controllate o collegate, con quelli contenuti nei suddetti elenchi, nonché della disponibilità di eventuali aggiornamenti degli stessi elenchi.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link