Transizione, per un posto di lavoro perso nei “fossili” tre nuovi occupati green


Pannelli sui tetti delle aziende

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Per raggiungere il 100% di elettricità prodotta da rinnovabili entro il 2050, occorrono 48 miliardi di investimenti all’anno. Pari al 2% del pil italiano. Lo si legge in uno studio dell’università La Sapienza. Oltre a contenere le emissioni di CO2 – sostiene il report dell’ateneo romano – la decarbonizzazione favorirà l’occupazione. Per ogni posti di lavoro perso legato all’economia fossile, se ne creano tre per gli interventi green destinati alla transizione energetica

Costa – quasi 50 miliardi all’anno di investimenti – ma consentirà di abbassare la bolletta energetica di famiglie e imprese. Avrà – inizialmente – un impatto sociale da gestire, ma porterà alla creazione di nuovi posti di lavoro.

Perché la transizione energetica fa bene, stabilisce uno studio dell’Università “La Sapienza” di Roma.  All’ambiente, innanzi tutto, perché si tratta di un processo di decarbonizzazione necessario per contenere l’aumento delle temperature. Ma anche al mondo del lavoro. Il rapporto di sostituzione, nel passaggio dai fossili alle rinnovabili, è nettamente a favore del lavoro green, in un rapporto di uno a tre.

Lo studio è firmato da due docenti della Sapienza. L’ingegnere energetico Lorenzo Mario Pastore e Livio de Santoli, prorettore alla Sostenibilità dell’Ateneo. Insieme hanno pubblicato sulla rivista scientifica Energy un nuovo studio intitolato “Socio-economic implications of implementing a carbon-neutral energy system: A Green New Deal for Italy“.

Per arrivare al 100% di rinnovabili occorrono 1,2 trilioni fino al 2050, circa 48 miliardi di euro all’anno

Lo studio, innanzi tutto, stimando sia gli investimenti necessari per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione al 2050, sia le relative ricadute socioeconomiche. “L’importo totale dell’investimento – si legge – è stimato in circa 1,2 trilioni di euro per l’intero periodo, il che equivale a circa 48 miliardi di euro all’anno». Corrisponde al 2,2% del Pil nazionale e permetterebbe di eliminare i costi d’acquisto dei combustibili fossili.

Gli stessi ricercatori, un mese fa, avevano pubblicato una analisi dedicata al costo di produzione dell’elettricità in un’Italia 100% rinnovabile. Con una stima di 52 € al MWh, comprensivo degli accumuli a batteria. Costo inferiore ai 108,52 €/MWh che corrispondono al prezzo medio all’ingrosso dell’elettricità nel 2024.

Rinnovabili, costi inferiori ai programmi nucleari

Ma anche inferiori rispetto ai costi del nuovo nucleare francese del programma Epr2, che variano tra 156 €/MWh e 186 €/MWh. Una sorta di “avvertimento” per il piani di rilancio del nucleare (con la tecnologia degli small nuclear reactor) su cui fa affidamento il governo Meloni. E di cui non esistono ancora studi sui costi finali.

Gli investimenti non riguarderanno solo le fonti rinnovabili. Sono anche gli investimenti nelle reti, nell’elettrificazione della mobilità con le relative infrastrutture, nello sviluppo del teleriscaldamento. Così come nella filiera dell’idrogeno e dei biocarburanti. Nuove tecnologie destinate a creare nuove professioni legato al lavoro green.

In totale, grazie alla decarbonizzazione, i ricercatori prevedono la creazione di 1,4 milioni di nuovi posti di lavoro in Italia entro il 2050, con un guadagno netto di 900.000 occupati in più. «La transizione energetica – osservano i  due autori dello studio – non può essere considerata solo una strategia per modificare il sistema energetico, ma rappresenta un piano per una trasformazione radicale dell’economia e della società»

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