Lavorare in sicurezza per crescere insieme
di Giuseppe Carà, Consigliere Nazionale Unimpresa
La formazione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro è un tema di primaria importanza, da tempo al centro del dibattito, ma spesso sottovalutato e non adeguatamente valorizzato. Solo quando eventi tragici ci costringono a fermarci e riflettere, diventiamo pienamente consapevoli della sua rilevanza e centralità.
Nel mese di febbraio del 2025, l’INAIL ha reso disponibili i primi dati infortunistici relativi al 2024, offrendo un primo bilancio sugli infortuni sul lavoro e un confronto con il 2023, pur trattandosi di dati provvisori, suscettibili di possibili variazioni.
Nonostante una lieve diminuzione dello 0,7% rispetto al 2023, i numeri rimangono preoccupanti e devono farci riflettere: le denunce di infortunio, al netto di quelle degli studenti, scendono da 515.141 denunce nel 2023 a 511.688 nel 2024, con una diminuzione dello 0,7%. Se escludiamo i decessi degli studenti, le denunce di infortunio mortali presentate all’INAIL entro il mese di dicembre 2024 sono state 1.077, in aumento rispetto al 2023 (1.029, + 48 casi), ma in calo rispetto agli anni precedenti (2019-2022). L’aumento riguarda principalmente i casi avvenuti in occasione di lavoro (+7, da 790 a 797) e quelli in itinere (+41, da 239 a 280).
Al di là del dato numerico, non possiamo ignorare che ogni infortunio e ogni perdita umana sul lavoro rappresentano un fallimento della società civile, che non merita solo di essere risarcito, ma va evitato e, soprattutto, prevenuto.
La logica che deve guidarci è la prevenzione. Non una prevenzione formale, ma sostanziale che punti alla creazione di ambienti di lavoro sicuri attraverso un approccio consapevole e strutturato, in cui la formazione deve occupare un ruolo chiave.
In un contesto normativo complesso, costellato da una miriade di obblighi, adempimenti e sanzioni, è arrivato il momento di razionalizzare e semplificare la burocrazia, per concentrare l’attenzione sulle reali esigenze di lavoratori e imprese, puntando in modo deciso sulla revisione e sulla qualità dei percorsi formativi e i meccanismi di autoapprendimento.
Occorre garantire e monitorare la serietà e la professionalità degli enti, dei formatori e dei percorsi formativi per far sì che la formazione possa assumersi le responsabilità che le sono proprie e innescare quel percorso di cambiamento culturale indispensabile per invertire la rotta. Occorrono piani formativi innovativi e personalizzati, diretti non solo a trasferire conoscenze ma a far si che lavoratori e imprese acquisiscano le competenze necessarie per governare i processi produttivi e garantire un ambiente di lavoro sicuro.
La cultura della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro non può ridursi a un insieme di norme da rispettare, ma deve diventare un valore, parte integrante dei processi organizzativi e produttivi dell’impresa, un’opportunità di crescita, empowerment e responsabilizzazione individuale in un’ottica collettiva che riparta dall’uomo e non dalle macchine e dalla logica della produzione.
La formazione non serve solo a “conoscere” le norme ma, piuttosto, ad acquisire “competenze” che accrescano la consapevolezza e la responsabilità del lavoratore nel contesto lavorativo di riferimento. La conoscenza effettiva delle normative, dei rischi specifici e delle procedure operative da seguire mitiga i pericoli e migliora la produttività, trasformando l’approccio stesso al lavoro, per diventare uno strumento di empowerment del lavoratore; le competenze consentono di trasferire il tutto nei processi produttivi e nell’organizzazione del lavoro.
Un dipendente formato con qualità non è solo colui che conosce le norme e le procedure, ma è un soggetto consapevole del proprio ruolo nella tutela della sicurezza collettiva.
La responsabilizzazione nasce dalla conoscenza: quando imprenditore e lavoratore comprendono il valore della sicurezza non solo come obbligo, ma come diritto e dovere condiviso, si innesca un processo virtuoso che migliora l’ambiente di lavoro e riduce il rischio di incidenti, in un contesto in cui il lavoratore non è più solo spettatore, ma custode del proprio benessere e di quello altrui.
La formazione di qualità è il veicolo privilegiato per la diffusione di una cultura della sicurezza.
Confucio sosteneva un principio illuminante e molto attuale: “Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco”. Questo principio si sposa perfettamente con l’idea di una formazione di qualità, pratica ed esperienziale, per essere davvero efficace.
La formazione non ci allontana dal lavoro. La formazione non è tempo rubato al lavoro. La formazione è un opportunità di crescita e sviluppo.
Investire in percorsi formativi qualificati eleva la professionalità complessiva dell’organizzazione, creando un ambiente di lavoro più sicuro e, allo stesso tempo, più efficiente.
Henry Ford sosteneva che le due cose più importanti non compaiono nel bilancio di un’impresa, ovvero la sua reputazione ed i suoi uomini; un chiaro invito a prenderci cura delle persone, della loro formazione, della cultura e, per l’effetto, della reputazione, intesi come valori fondanti e caratterizzanti l’impresa.
Le imprese che puntano su una formazione di qualità in materia di sicurezza non solo riducono il rischio di incidenti e sanzioni, ma rafforzano la propria reputazione. Un’organizzazione che dimostra attenzione per la salute dei propri dipendenti acquisisce maggiore fiducia da parte di clienti, fornitori e stakeholder.
Investire in una formazione di qualità sulla sicurezza non è solo un dovere etico, ma una scelta strategica.
La sicurezza sul lavoro non è un costo ma un investimento. Un investimento che non solo protegge le persone, ma rafforza l’impresa.
In un mercato sempre più esigente, chi punta su sicurezza e formazione non solo tutela il proprio capitale umano, ma costruisce le basi per un successo duraturo.
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