L’Italia ha finora speso 63,9 miliardi di euro dei fondi del Pnrr, più del 52% delle risorse finora ricevute. Lo ha riportato il ministro per gli Affari europei, le Politiche di coesione e il Pnrr, Tommaso Foti, alla Cabina di regia per la presentazione della sesta Relazione sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che passa adesso all’esame del Parlamento.
Allo stesso tempo l’Italia continua a detenere il primato europeo nell’avanzamento del Piano, con 140 miliardi di euro ricevuti, corrispondenti al 72% della dotazione complessiva e, in termini di performance, con 337 obiettivi conseguiti, pari al 54% degli obiettivi totali programmati. E dalla relazione emerge inoltre che circa il 92% dell’intero Piano risulta attivato, in fase di attivazione o in chiusura.
Non a caso la Corte dei conti fotografa, nella sua relazione sullo stato di attuazione degli interventi Pnrr e Pnc, evidenzia che «il raggiungimento degli obiettivi qualitativi e quantitativi, stabiliti a livello nazionale e concordati a livello europeo, è in linea con le previsioni, mentre permangono alcune criticità che richiedono attenzione costante e interventi mirati, soprattutto in vista della scadenza del Piano fissata a giugno 2026».
I capitoli di spesa più avanzati
Da notare in particolare che gli investimenti contenuti nella Missione 3 (dedicata alle infrastrutture e alla mobilità) sono quelli che fanno registrare il tasso di avanzamento più elevato. Si tratta dell’87% di fondi già erogati a fronte di quanto programmato. Dato che sale al 92% se consideriamo gli investimenti ferroviari raccolti nella componente 2.
Risultano in stato particolarmente avanzato anche la prima Missione dedicata a digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura (70%) e la seconda dedicata alla transizione ecologica (68%) dove risulta particolarmente elevata la spesa per gli investimenti della componente 3 (efficienza energetica e riqualificazione degli edifici) che raggiunge il 97%. Un dato influenzato dai fondi erogati attraverso i crediti d’imposta, come Superbonus e Transizione 4.0, che si escludessero dal conteggio, la percentuale di completamento per la Missione 1 scenderebbe al 40% mentre per la Missione 2 al 37%
D’altro canto, gli investimenti che risultano più indietro sulla tabella di marcia sono quelli racchiusi nella Missione 5 (Inclusione e coesione): si tratta di una spesa sostenuta pari al 27% rispetto a quanto previsto per l’anno corrente. Percentuale che scende all’11% considerando l’importo totale delle risorse disponibili.
Da recuperare 2,4 miliardi non spesi
Ad ostacolare il compimento del Pnrr, secondo la Corte dei conti, è innanzitutto «la concentrazione di una attività di spesa ancora sensibilmente elevata negli ultimi due anni previsti dalla programmazione europea, cui deve aggiungersi il richiamato recupero della residua capacità di spesa a tutto il 2024, potrebbe preludere ad una difficoltà legata all’effettivo conseguimento finale degli obiettivi nel 2026». In poche parole nel biennio 2023-24 non sono stati spesi, mostrano i dati della piattaforma Regis, 2,4 miliardi di euro. Dunque nel 2025 il sistema Italia dovrà essere in grado di mettere a terra 1,2 miliardi in più del previsto e nel 2026 680 milioni in più.
Per di più, le rimodulazioni del Piano concordate dal governo Meloni con la Commissione europea hanno aumentato gli investimenti per le imprese e per la transizione green ma hanno ridotto le misure sociali e quelle destinate agli enti locali. Per i quali, dopo il 2026, si aprirà il delicato tema della sostenibilità finanziaria delle opere.
Carenze di personale e disallineamenti con Regis
Secondo la Corte contabili un altro fattore che incide negativamente sulla capacità di gestire le attività di verifica delle spese è la forte carenza di personale. «Tutte le amministrazioni in esame», rivelano i magistrati contabili, «hanno evidenziato penuria di organico negli uffici di rendicontazione e controllo, con conseguente allungamento delle tempistiche».
Il mancato regolare aggiornamento dei dati sulla piattaforma ReGiS, causa di frequenti disallineamenti tra dati interni e ufficiali, resta un problema atavico. Un problema da superare una volta per tutte alla luce della recente normativa (dl 19/2024) che rafforza le responsabilità nel conseguimento degli obiettivi Pnrr.
Verso richiesta di rinvio
Proprio per far fronte ai ritardi registrati dal Piano, secondo La Repubblica, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, chiederà di prorogare la scadenza del Piano di un anno, al 2027. Già diverse volte nei mesi scorsi non aveva avuto paura di porre la questione di un rinvio. Lo rifarà alla riunione dell’Ecofin informale che si terrà l’11 e il 12 aprile a Varsavia. Ai colleghi delle Finanze chiederà più tempo, insieme alla massima flessibilità nel ricollocamento dei fondi. (riproduzione riservata)
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