I mercati puntano sull’IA. Ma preferiscono quella Usa


MEGLIO LE AZIENDE STATUNITENSI che quelle cinesi. Parola di Mark Haefele, capo degli investimenti di Ubs Global Wealth Management, la divisione del gruppo svizzero Ubs che si occupa della gestione dei clienti di fascia medio alta con un patrimonio consistente a disposizione. Haefele si riferisce in particolare alle imprese con un business legato all’intelligenza artificiale (IA) e ha messo a confronto in una recente analisi due grandi potenze mondiali della tecnologia: gli Stati Uniti e la Cina, dove l’avvento l’IA sembra sia in procinto di gonfiare il fatturato di non poche società quotate in Borsa, in particolare i colossi dell’hi-tech. Stiamo parlando di nomi del calibro di Microsoft, Amazon o Alphabet negli Usa, oppure di Alibaba, Tencent e Baidu in Asia.

Tutti questi gruppi puntano con decisione sull’IA ma, conti alla mano, gli investimenti statunitensi sono ben più corposi di quelli cinesi. “Nel 2025”, ha scritto Haefele, “Microsoft, Amazon e Alphabet spenderanno complessivamente 180 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo (R&S), rispetto ai 35 miliardi di dollari dei tre big cinesi Alibaba, Tencent e Baidu”. Questo divario significativo, secondo il capo degli investimenti di Ubs Gwm, evidenzia l’impegno degli Stati Uniti nel promuovere l’innovazione e nel mantenere un vantaggio competitivo nel settore dell’intelligenza artificiale. Esiste un gap anche per quanto riguarda gli investimenti in ricerca rapportati al fatturato. Nei colossi americani sopra citati, la spese in R&S sono pari in media al 13,5% del giro d’affari, mentre in quelli cinesi la quota è attorno all’8%. “La spesa per ricerca e sviluppo è un altro fattore cruciale per l’innovazione dell’intelligenza artificiale”, sottolinea ancora Haefele, “poiché i maggiori investimenti in R&S sono spesso correlati a un più elevato potere di determinazione dei prezzi e alla capacità di sviluppare tecnologie all’avanguardia”. Non a caso, le aziende statunitensi che si occupano di intelligenza artificiale sono in testa a tutte le classifiche della spesa in ricerca, sia in termini assoluti che in rapporto al loro fatturato. Un altro fattore che spinge Ubs Global Wealth management a favorire le imprese statunitensi è il loro potenziale di monetizzazione, cioè la capacità di generare ricavi e profitti proprio attraverso gli investimenti nell’IA.

Le società statunitensi hanno un chiaro vantaggio in questo campo, in particolare nei segmenti aziendali altamente redditizi. Nello specifico, i colossi dell’hi-tech a stelle e strisce, con i loro investimenti nell’intelligenza artificiale, genereranno ricavi 12 volte superiori rispetto alle loro controparti cinesi, pur spendendo solo 6-8 volte di più di loro. Questa disparità per Haefele evidenzia che le strategie di monetizzazione adottate dalle imprese statunitensi sono preferibili perché orientate a sfruttare la crescente domanda di soluzioni basate sull’intelligenza artificiale nella tecnologia aziendale. Inoltre, la penetrazione relativamente bassa della tecnologia nelle aziende in Cina, unita alla focalizzazione su modelli a basso costo, limita il potenziale di guadagno delle società hi-tech della Repubblica Popolare.

L’innovazione made in Usa, insomma, sembra avere ancora una marcia in più poiché, secondo il capo investimenti di Ubs Gwm, si concentra su attività a maggior valore aggiunto mentre quella cinese punterà soprattutto sull’integrazione dell’IA nelle tecnologie di consumo in segmenti di business che garantiscono bassi margini di profitto come l’e-commerce, i videogiochi e i veicoli elettrici in cui, tra l’altro, la Cina è già dominante.



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