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Dazi Usa e l’ipotesi di dirottare 10 miliardi del Pnrr a sostegno delle imprese. La prudenza di Foti


Il ministro per gli Affari europei ha preso parte oggi a un evento nella sede Anci sugli investimenti pubblici. Lo spostamento è una delle ipotesi allo studio

«Eventualmente si può procedere con una riprogrammazione delle voci di spesa, ma il tutto deve essere sottoposto alla Commissione europea: non si tratta di un automatismo». Il ministro degli Affari europei e del Pnrr, Tommaso Foti, è possibilista di fronte alla possibilità di dirottare una parte delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) verso il Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc). Un’ipotesi rilanciata oggi, 8 aprile, sulle pagine di diversi quotidiani: l’Esecutivo starebbe valutando la possibilità di disporre tra i 5 e i 10 miliardi (le cifre esatte non sono state ancora rese note) per sostenere le imprese italiane colpite dai dazi imposti dagli Stati Uniti di Trump. L’operazione che – qualora fosse concretamente percorribile – richiederebbe però l’ok di Bruxelles. Il ministro Foti, pur essendo possibilista, precisa, rispondendo a una domanda di Open, che esistono già margini di intervento: «Non abbiamo tecnicamente la necessità di dover trasferire automaticamente risorse sui fondi di Coesione perché esistono già diverse missioni dedicate a questo obiettivo». Insomma, il dossier è ancora tutto da scrivere. E nemmeno i tre vertici tenuti finora con la premier Giorgia Meloni, i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, e il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso non sono riusciti a far decollare una linea chiara, che sicuramente prenderà forma nei prossimi giorni.

Proproga del Pnrr: «Impossibile»

Nel corso dell’evento organizzato oggi all’Anci sugli investimenti pubblici, Foti è intervenuto anche su uno dei temi più caldi delle ultime settimane: la proroga del Pnrr. La questione è riesplosa, complice la pubblicazione – il 27 marzo scorso – del report della Corte dei Conti sul tema, accompagnata da una raffica di interrogazioni parlamentari presentate dalle opposizioni, che hanno chiesto maggiore «chiarezza» sul cronoprogramma del Piano. Nel documento, la Corte ha messo nero su bianco i ritardi accumulati nell’attuazione degli interventi previsti, sottolineando che «permangono alcune criticità che necessitano di un’attenzione costante e di interventi mirati, soprattutto in vista della scadenza del Piano fissata a giugno 2026». Secondo alcune indiscrezioni, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti avrebbe valutato la possibilità di chiedere a Bruxelles una proroga di un anno, fino al 2027. Ma l’ipotesi, al momento, sembra remota. Foti ha zittito le voci di corridoio: «È tecnicamente impossibile». E aggiunge: «Modificare il termine non funziona così facilmente perché bisogna modificare tre regolamenti europei di cui uno approvato all’unanimità da 27 Paesi europei».



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