Banco Bpm, Castagna: «Indipendenti e alleati delle imprese: nessun altro progetto può offrire il ritorno che diamo ora»


Il ceo di Banco Bpm: siamo già il terzo polo e con Anima siamo al secondo posto nel risparmio gestito in Italia. Mps? Vogliamo sviluppare un rapporto di logica industriale

«Un progetto industriale che sta già dando i suoi frutti e che arriva dopo il percorso di aggregazione delle ex popolari. L’appoggio degli azionisti, di famiglie, imprese sui territori d’elezione. Il terzo polo c’è già e il Banco Bpm lo è diventato risalendo una classifica che lo metteva dietro molte banche italiane anche popolari». Il ceo Giuseppe Castagna, di ritorno dal roadshow tra le province del Nord dove ha incontrato oltre 2mila imprese, racconta la sua idea di banca.
Che idea si è fatto di questo scenario così instabile a seguito degli annunci dei dazi Usa?
«Che alla fine valgono i fondamentali. Nessuno di noi aveva preso per duratura la dichiarazione sulle tariffe doganali, invece i mercati l’hanno presa come verità assoluta, ma i mercati non sono l’unico specchio della realtà, interpretano qualsiasi notizia con rapidità estrema. Certo, ne deriverà un periodo di instabilità, ma siamo attrezzati per affrontarlo».
A proposito di mercato, in questo quadro l’opa su Anima è andata bene: ha aderito l’89,95%.
« Quando hai un piano con fondamentali e senso logico, in cui sei predittivo nel disegnare il futuro, le cose funzionano anche in un mercato instabile. E poi per noi il momento di maggior soddisfazione è stato avere l’approvazione in assemblea del 98% degli azionisti. Oggi, in un mercato così indefinito e con un punto interrogativo sui tassi, chi più completa – come noi – la sua capacità di fare banca, ha più armi rispetto ad altri. Siamo entrati in Anima per farla crescere anche incrementando il numero dei distributori».
Questa operazione è il completamento di un percorso che viene da lontano?
«È così. Prima abbiamo fatto di necessità, virtù. Quando abbiamo fuso Banco Popolare con Bpm dovevamo fare 30 miliardi di derisking per cui abbiamo venduto a malincuore, ma a ragion veduta, Aletti Gestielle e poi l’assicurazione; abbiamo insomma alienato pezzi che avevano valore per rimettere in equilibrio il capitale. Poi tre-quattro anni fa abbiamo ricostruito la nostra identità, riacquistando la bancassicurazione, stringendo una joint venture con Crédit Agricole sul Danni, tenendo il 100% del ramo Vita e posizionandoci con Numia come secondo player, tutto italiano, della monetica. Ci mancava l’asset management: siamo saliti dal 15% al 22% di Anima e poi l’abbiamo acquisita».
Dovrete rinunciare a un miliardo senza Danish Compromise.
«L’operazione è talmente valida che il mercato ci segue comunque e il vantaggio per il nostro modello di business non è fiaccato dal considerare un miliardo in meno di distribuzione. Avevo già detto alla presentazione del piano che l’operazione Anima era strategica con o senza “Compromesso danese”. Nel 2023 avevamo promesso 4 miliardi di dividendi nei successivi quattro anni; nel 2024 sono diventati 6, il 50% in più rispetto al piano precedente. Dopodiché, teniamo aperto il dialogo con la BCE e, se ne deriveranno benefici sul trattamento regolamentare, saremo pronti a trasferirli ai nostri azionisti. Come detto, andiamo avanti perché i vantaggi dell’operazione sono già chiari a tutti gli azionisti, come emerso in Assemblea».

Dovremo aspettarci altre operazioni di crescita?
«No. La profittabilità del modello di business non cambia e con Anima incrementeremo le commissioni e la conseguente composizione del conto economico si vedrà bene a partire dal secondo trimestre. Siamo già avanti sul piano.
E ora c’è il nodo dell’ops di Unicredit.
C’è ancora tanta incertezza. Noi abbiamo fatto un’operazione che ha valore industriale che fa apprezzare la banca, non solo dal punto di vista commerciale . Non riteniamo, infatti, che operazioni con questa valenza debbano essere valutate solo su teorici ritorni sul capitale».
Perché parla di «valore industriale»?
«Perché la banca è un’industria: come le aziende devono stare attente a investimenti e macchinari, noi dobbiamo stare attenti a dare ai clienti quello che gli serve. Se invece ti fermi solo a un bel deal, o a farne due o tre allo stesso tempo, allora ci si chiede se c’è un progetto industriale».
Volete andare avanti da soli?
«Non c’è altro progetto in grado di offrire le prospettive reddituali ed economiche che diamo ora. Ci siamo strutturati con le fabbriche prodotto che garantiscono rendimenti importanti in un mercato dove i tassi si sono normalizzati. Banco Bpm, ai valori attuali, dà una cedola annualizzata dell’ 11,5%: quale altro istituto ha dato ai soci un ritorno del 1.100% in cinque anni ? E il dividendo è ripetibile se hai un piano solido che non dipende dalla volatilità dei tassi».
In questa offerta sembrano confrontarsi da una parte un deal, dall’altra una storia di impegno che genera utilità per tutti. O no?
«E’ così. Considerato che il corrispettivo è ancora a sconto dopo quattro mesi e mezzo rispetto ai prezzi di mercato, non si capisce se ci saranno ulteriori rilanci che tengano conto anche di Anima. Nella logica di un progetto industriale si dovrebbe sapere quanto vale l’oggetto del desiderio. Oggi c’è solo un’offerta di scambio a sconto, non si conosce la strategia né il ruolo che Banco Bpm dovrebbe avere dentro un gruppo più grande. Quanto è utile lo snaturamento della nostra logica di banca al servizio delle comunità, delle pmi con una redditività fortissima? Agli azionisti (il 22% sono privati) diamo tantissimo come total return e dividendi, ai clienti diamo servizi, al Paese affidabilità dappertutto, alle pmi il 31% dei nostri finanziamenti, contro il 15% dei competitor più grandi».
Vale la teoria che solo i giganti sopravvivono?
«Stiamo già diventando il maggior competitor del leader italiano e con Anima siamo al secondo posto nel risparmio gestito in Italia. E dal punto di vista dei finanziamenti abbiamo un differenziale di un solo punto di quota di mercato rispetto al secondo player nazionale. Già nei primi mesi del 2025 abbiamo erogato 2,5 miliardi di finanziamenti in più. Siamo da soli il terzo polo: serviamo bene clienti nelle regioni italiane più industrializzate d’Europa, competiamo con i grandi in tutti i settori. E infatti alle tappe del roadshow con le aziende, si coglieva un tifo da stadio».
Parlando di terzo polo, è ancora valido il progetto di nozze con Mps?
«Dopo aver annunciato l’Opa su Anima, in concomitanza con il collocamento delle azioni Mps da parte del Mef, proprio per rinforzare il rapporto tra Anima e Siena abbiamo deciso di entrare nell’operazione. Noi siamo i primi distributori di prodotti Anima, Mps è il secondo: questa è la logica industriale cha abbiamo perseguito e su queste basi rimane il rapporto che vogliamo sviluppare con il Monte».
E il socio Crédit Agricole?
« Siamo felici di averli come nostri azionisti e credo loro siano contenti del ritorno sull’investimento. Sono azionisti pazienti come lo furono in Banca Intesa con la fusione con la Comit e con Intesa SanPaolo quando uscirono. Abbiamo con loro due fabbriche prodotto che vanno molto bene e sulle quali continueremo a investire».
Il voto in assemblea di Mps su Mediobanca?
« Affronteremo la questione, come giusto che sia, in Consiglio di Amministrazione».





















































13 aprile 2025



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