Il nuovo Clean Industrial Deal punterà su innovazione e transizione energetica, due motori per la crescita sostenibile, assegnando alla meccanica un ruolo strategico per l’industria carbon capture.
Gli elevati costi energetici e la forte concorrenza globale hanno reso necessaria una concreta azione da parte dell’Unione europea, che ha ravvisato un urgente bisogno di sostegno per le industrie regionali. Da questa esigenza nasce una nuova politica industriale per i 27 stati membri: il Clean Industrial Deal che, attraverso una serie di specifiche azioni, delinea l’iter per trasformare la decarbonizzazione in motore di crescita.
Pubblicato a fine febbraio 2025, il documento offre una visione strategica per uscire dalla palude della stagnazione e recuperare la posizione di leadership sullo scenario internazionale, senza sacrificare le ambizioni climatiche. Dalla rimodulazione dei prezzi energetici alla creazione di occupazione, Bruxelles scrive quindi un capitolo chiave della sua storia energetica e industriale. In questo ambito, la meccanica deve essere pronta a ricoprire un ruolo chiave, perché alla base di una produzione pulita ci sono macchinari green e tecnologicamente avanzati, in grado di efficientare il processo energetico.
I fattori trainati per le imprese
Con il Clean Industrial Deal, quindi, l’Ue conferma il suo interesse verso gli obiettivi climatici, offrendo incentivi alle imprese affinché adottino processi industriali per la decarbonizzazione. Le proposte sono infatti adattate alle esigenze delle realtà aziendali europee, in un momento cruciale per la crescita e la resilienza delle stesse, a livello globale. Il nuovo accordo potenzierà ogni fase della produzione, focalizzandosi specificamente sulle industrie ad alta intensità energetica – ovvero quelle che operano nell’acciaio, nei metalli e nei prodotti chimici. Sono le stesse che hanno necessariamente bisogno, e con urgenza, di un sostegno per decarbonizzare, passando ad una produzione “pulita” – per la cui realizzazione sono necessari costi elevati, a fronte di una (spesso) sleale concorrenza globale, dove le complesse normative talvolta non sono rispettate.
Le tecnologie pulite si collocano pertanto al centro della competitività futura, mostrandosi necessarie per operare la tanto agognata transizione ambientale e industriale, in un percorso di circolarità e decarbonizzazione. L’obiettivo è quello di ridurre gli sprechi ed estendere la durata dei materiali, promuovendo il riciclaggio, il riutilizzo e la produzione sostenibile, favorendo così lo sviluppo di una filiera produttiva più resiliente, in grado di garantire la sicurezza economica e tecnologica dell’Unione.
Per un nuovo e fiorente ecosistema industriale europeo, che possa assicurare crescita e prosperità alle imprese regionali, bisogna trovare soluzioni che tengano in considerazione l’intera value chain. Il Clean Industrial Deal individua quindi sei fattori trainanti per le imprese: (1) energia accessibile, (2) mercati guida, (3) finanziamenti, (4) circolarità e accesso ai materiali, (5) mercati globali e partenariati internazionali e (6) competenze. A questi si aggiungono ulteriori interventi che dovrebbero rendere l’economia ancora più competitiva, tra cui la semplificazione normativa, lo sfruttamento delle potenzialità del mercato unico attraverso l’integrazione graduale dei paesi candidati, il potenziamento della digitalizzazione, una maggiore adozione dell’innovazione, la promozione di lavori qualitativamente migliori e un più incisivo coordinamento delle politiche a livello europeo e nazionale.
La meccanica ha un ruolo chiave nell’innovazione tecnologica, attraverso lo sviluppo di soluzioni avanzate in grado di ottimizzare i processi produttivi e l’integrazione di fonti rinnovabili.
Un’energia a prezzi accessibili
Partiamo dal primo dei sei fattori, ovvero il costo dell’energia. I prezzi medi, in Europa, risultano più elevati di quelli dei paesi terzi. Diventa perciò vitale garantire alle imprese una spesa più contenuta, affinché non venga intaccata la competitività dell’industria, soprattutto nei comparti ad alto consumo. È noto a tutti che la dipendenza europea dalle importazioni di combustibili fossili si configuri come la principale causa dell’innalzamento dei prezzi – e della volatilità degli stessi. E la recente crisi energetica, provocata dal conflitto russo-ucraino, ha contribuito ad aggravare la situazione, con una incertezza geopolitica che ha provocato un aumento della spesa, con costi traslati poi sul consumatore finale. Si considerino, inoltre, tutte le inefficienze strutturali del sistema elettrico che si ripercuotono sulle bollette delle industrie europee. L’insufficienza delle interconnessioni e delle infrastrutture di rete, nonché la limitata integrazione e flessibilità del sistema energetico ostacolano l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili più economiche, limitando la resilienza dell’Ue.
In questo contesto, però, sarà necessario anche l’intervento della digitalizzazione: le reti smart, guidate dall’intelligenza artificiale, assieme al monitoraggio dell’IoT, sono fondamentali per poter garantire l’integrazione dei sistemi energetici, sostenendo la gestione della rete in tempo reale e consentendo la manutenzione predittiva delle infrastrutture critiche. L’Ue ha bisogno dunque di un mercato dell’energia pienamente integrato.
D’altra parte, per riuscire a ridurre i costi energetici, bisogna favorire un processo di accelerazione dell’elettrificazione e della transizione verso l’energia pulita, in ogni singolo stato, facendo sì che il mercato energetico interno dell’UE sia dotato di interconnessioni fisiche per un utilizzo più efficiente. Servirebbe una vera e propria “unione energetica”, con un diretto beneficio per tutti. Pertanto, l’Ue dovrà favorire la collaborazione tra gli stati membri e realizzare, nel corso del 2025, un piano d’azione basato su tre punti cardine: (1) la riduzione delle bollette energetiche, (2) l’accelerazione della diffusione di energia pulita e dell’elettrificazione, completando le interconnessioni e le reti, con la promozione di una produzione industriale a basse emissioni, (3) la garanzia di un buon funzionamento del mercato del gas.
Per favorire dunque la realizzazione di investimenti nell’elettrificazione e nella decarbonizzazione, Bruxelles esorta ogni paese a concretizzare, senza indugio, le singole strategie nazionali per raggiungere gli obiettivi climatici ed energetici del 2030. E la meccanica è chiamata a svolgere un ruolo chiave nell’innovazione tecnologica, attraverso lo sviluppo di soluzioni avanzate in grado di ottimizzare i processi produttivi e l’integrazione di fonti rinnovabili.
Il ruolo del mercato guida
Per stimolare l’offerta e la domanda di “prodotti puliti”, si rendono necessarie misure concrete: questo significa che le imprese investiranno nella transizione energetica solo qualora potranno contare su un mercato solido per i loro prodotti. Con il Clean Industrial Deal, quindi, si andranno a costruire le condizioni adatte per far emergere la domanda, con la contestuale crescita del mercato delle tecnologie e dei prodotti puliti.
L’Ue vedrà rafforzata la sua posizione di leader globale nella transizione ecologica, e potrà contare su una maggiore competitività nei settori chiave della green economy. Questo porterà ad una produzione sostenibile, con la creazione di nuovi impieghi nel mercato del lavoro. Il Clean Industrial Deal si impegna, infatti, a garantire una transizione equa in grado di offrire una occupazione di qualità, facendo leva sulle competenze delle persone e promuovendo la coesione sociale e l’equità in tutte le regioni. Si punta sull’attrazione dei migliori talenti, provando a mantenere i lavoratori e le comunità locali al centro della trasformazione industriale: in questo modo si svilupperanno le competenze necessarie per una transizione pulita e di successo.
In tutto ciò, il mercato europeo verrà definito “mercato guida”, e avrà uno scopo ben preciso: favorire una economia di scala, abbassando i costi e rendendo accessibili ad imprese e consumatori le “alternative sostenibili”. Con un incremento della domanda, l’industria adotterà processi produttivi più puliti e circolari, amplificando i benefici ambientali ed economici. Le nuove misure previste dal Clean Industrial Deal rafforzeranno gli obiettivi di lungo termine dell’Ue, sviluppando così un mercato “carbon capture” – in grado, cioè, di catturare l’anidride carbonica.
Tuttavia, il raggiungimento degli obiettivi del nuovo accordo dipenderà anche dalla capacità dell’Ue di riuscire ad agire a livello internazionale: ha bisogno di partenariati globali, considerando che molte delle materie prime critiche, essenziali per la transizione verde e per la resilienza e la sicurezza, possono essere reperite solo al di fuori della regione.
Il passaggio a catene del valore industriali sostenibili, diversificate e resilienti favorirà anche i partner dell’Ue, in una condivisione di successo che farà bene a tutte le parti.
Investimenti pubblici e privati
Per poter realizzare una transizione pulita dell’economia europea, saranno necessari investimenti in energia, innovazione industriale, scale-up e trasporti – in maniera sicuramente maggiore rispetto allo scorso decennio. Andranno mobilitati 480 miliardi di euro, anche sfruttando il capitale privato, in modo da garantire stabilità normativa a lungo termine, incentivi pubblici per la decarbonizzazione e un coordinamento efficace delle politiche.
Nel prossimo Quadro Finanziario Pluriennale (QFP), sul modello già applicato al bilancio Ue per il Green Deal, sarà dunque necessario prevedere misure mirate alla transizione climatica. Grazie al Fondo per la Competitività sarà possibile offrire un forte sostegno all’industria innovativa e facilitare gli investimenti sostenibili, introducendo uno sportello unico semplificato per l’accesso ai finanziamenti europei. Il Fondo verrà utilizzato per i progetti ad alto valore aggiunto, tra cui lo sviluppo delle tecnologie pulite impiegate per la decarbonizzazione industriale.
Con i finanziamenti dell’Ue, poi, verranno favoriti gli investimenti in infrastrutture e nella connettività, due preziosi elementi essenziali per completare la Energy Union. Per mobilitare capitali da destinare agli investimenti privati, l’Ue adotterà una apposita strategia (denominata “del risparmio”), posizionandosi così come principale destinazione degli investimenti nella decarbonizzazione industriale e nelle tecnologie pulite.
Il Clean Industrial Deal mobiliterà anche ulteriori 100 miliardi di euro per rafforzare la competitività della produzione pulita, mentre un miliardo di euro verrà utilizzato per le garanzie. La Commissione, perciò, punterà al rafforzamento dei finanziamenti, incentiverà gli investimenti e migliorerà l’efficacia degli aiuti di stato.
Come alimentare l’economia circolare?
Per ridurre drasticamente la dipendenza da fornitori terzi – che spesso si sono rivelati inaffidabili e hanno provocato l’interruzione delle forniture – l’Europa dovrà adottare un approccio più strategico nell’approvvigionamento di materie. La circolarità, quindi, deve diventare un alleato prezioso del progresso e del benessere in Ue, rappresentando il motore chiave per l’innovazione.
Ponendo la circolarità al centro della strategia di decarbonizzazione, l’Ue non solo migliorerà l’accessibilità e l’economicità dei materiali essenziali, ma riuscirà altresì a ridurre la dipendenza dai Paesi terzi: con una sorta di autarchia dei materiali, questi stessi saranno riutilizzati, rigenerati, riciclati e mantenuti più a lungo all’interno dell’economia. E si stima un enorme potenziale di crescita per il mercato europeo della rigenerazione. Il suo attuale valore, pari a 31 miliardi di euro, potrebbe raggiungere i 100 miliardi entro il 2030, favorendo altresì la creazione di oltre 500 mila nuovi posti di lavoro. Allo stesso tempo, ne trarrà vantaggio l’industria europea, che potrà divenire più sostenibile e sarà rafforzata la sicurezza delle risorse.
Tutto molto bello, se non fosse che poi la realtà è in parte diversa. Gli sforzi in fieri sono attualmente ostacolati dall’assenza di un mercato unico per i rifiuti, per le materie prime secondarie e per i materiali riutilizzabili. E dalla cosiddetta “mancanza di scala”: manca, cioè, una promozione dell’economia circolare e dell’uso di materie prime secondarie, perché non ci sono sufficienti volumi di materiali trattati o un’infrastruttura sviluppata in tal senso.
La Commissione, prima di ogni cosa, dovrà colmare questa lacuna, collaborando con le parti interessate per individuare le azioni e le misure in grado di progredire verso la circolarità. L’Ue deve inoltre garantire che i prodotti contenenti materiali preziosi e scarsi possano essere riutilizzati in maniera efficiente, prima di diventare rifiuti. E tanto dipenderà anche dalla piena applicazione dei requisiti di progettazione ecocompatibile. Intanto, è in programma l’adozione di una legge sull’economia circolare, per poter accelerare la transizione: l’atto consentirà la libera circolazione dei prodotti, delle materie prime secondarie e dei rifiuti, favorendo una maggiore offerta di alta qualità e stimolando la domanda di materie secondarie – con una contestuale riduzione dei costi delle materie prime.
Secondo l’IEA (l’Agenzia Internazionale dell’Energia), il mercato globale delle tecnologie energetiche pulite entro il 2035 raggiungerà un valore pari a 2 mila miliardi di dollari.
Una riflessione finale…
Il Clean Industrial Deal fungerà da quadro di riferimento per il dialogo con le industrie, con particolare attenzione alle Pmi. Si prefiggerà lo scopo di sviluppare percorsi di transizione settoriali, per poter investire in maniera più consapevole e mobilitare i giusti capitali in grado di accelerare il progresso verso un’industria più pulita e competitiva. Per fine 2025, quindi, saranno sviluppati diversi piani d’azione settoriali, seguiti poi da ulteriori iniziative, tra cui il Piano d’azione industriale per il settore automobilistico e il Piano d’azione per l’acciaio e i metalli (entrambi avviati a marzo 2025), con l’obiettivo di realizzare azioni concrete per l’industria dei metalli ferrosi e non ferrosi, due elementi essenziali per le twin transition.
Sempre per fine 2025, poi, sarà adottato il Chemicals Industry Package (Pacchetto Industria Chimica), per il riconoscimento del ruolo strategico del settore chimico. La Commissione proporrà inoltre una strategia per la bioeconomia, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza delle risorse e per sfruttare il significativo potenziale di crescita dei materiali a base biologica.
Alla luce di tutto ciò, appare chiaro come la decarbonizzazione rappresenti il motore per la crescita economica e la prosperità. E come apra nuove strade alle imprese regionali. L’Ue, pur disponendo di tutti gli strumenti necessari, aveva bisogno di una strategia di allineamento, per utilizzare in modo coeso gli obiettivi. E, probabilmente, il Clean Industrial Deal è la giusta chiave di volta per il futuro. Vedremo.
L’implementazione del Critical Raw Materials Act
Per garantire l’accesso alle materie prime critiche, essenziali per le transizioni gemelle e dalle quali l’Ue dipende fortemente (ricorrendo alla fornitura di paesi terzi) la Commissione ha stabilito di dare priorità all’attuazione dell’apposita legge, il Critical Raw Materials Act. Ciò comporterà il riconoscimento di un primo elenco di programmi strategici (già sotto esame da marzo 2025), per poter garantire la diversificazione degli approvvigionamenti lungo l’intera catena del valore. Si riuscirà così a facilitare l’accesso al sostegno finanziario pubblico e privato, per la realizzazione dei progetti prescelti. Verrà poi sviluppata una piattaforma con uno specifico meccanismo di incontro tra domanda e offerta di materie prime strategiche.
Quando la legge sulle materie prime critiche sarà formalizzata, in linea con le raccomandazioni del Rapporto Draghi, la Commissione istituirà un apposito centro europeo che si occuperà degli acquisti per conto delle aziende interessate, in collaborazione con gli stati membri. Si lavorerà anche per coordinare le scorte strategiche, con una progettazione di prodotti finanziari per investire nell’approvvigionamento dai paesi terzi.
Le altre azioni per le materie prime
Oltre alla legge sull’economia circolare, sarà necessario revisionare le attuali norme sui rifiuti elettronici, per garantire una maggiore adattabilità allo scopo (ovvero al recupero delle materie prime critiche). La legge armonizzerà i criteri di “end of waste” per facilitare l’estrazione delle preziose materie prime secondarie dai rifiuti. Contestualmente, sarà semplificata e digitalizzata la responsabilità estesa del produttore.
Non si punta solo a smantellare gli ostacoli normativi, ma anche a facilitare l’aumento significativo degli investimenti, fornendo così materie prime secondarie al mondo produttivo industriale. Verranno istituiti hub transregionali per promuovere la specializzazione intelligente e le economie di scala per il riciclaggio.
Pertanto, per garantire una transizione circolare efficace, sarà necessaria una stretta collaborazione tra tutte le parti interessate: verrà avviato un dialogo sulla circolarità per sostenere al meglio il processo di normazione sulla legge per l’economia circolare, con l’individuazione delle aree target.
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