Le grandi aziende agricole rischiano di fagocitare le più piccole. Non tanto per dinamiche di mercato quanto, piuttosto, per i fondi della PAC che, senza aggiustamenti, rischiano di penalizzare le imprese che ne hanno più bisogno. Questo, in sintesi, quanto emerso durante la X Conferenza economica di CIA-Agricoltori Italiani. E che un tetto ai contributi PAC erogati alle grande aziende agricole sia quanto mai urgente lo ha ribadito anche il presidente nazionale della sigla, Cristiano Fini.
“Nel 2023, il 23% dei finanziamenti Ue è andato al 2% delle imprese agricole con più di 100 ettari, realtà perlopiù con capitale da investire, senza l’aiuto di nessuno. Ne paga le conseguenze l’agricoltura minore, chi fa reddito solo con il lavoro nei campi”. Non usa giri di parole Fini per descrivere lo stato del settore nel suo discorso in apertura della conferenza confederale che si è svolta a Roma presso l’Auditorium della Tecnica.
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Dall’analisi di Cia, su dati Agea, emerge infatti che le aziende agricole situate in zone montane rappresentano il 40,39% del totale e ricevono il 39,61% dei premi Pac, con un contributo medio di 3.742,80 euro per impresa. Al contrario, le aziende non montane costituiscono il 59,61% e ricevono il 60,39% dei premi, con una media leggermente superiore, pari a 3.866,38 euro. Una distribuzione che sembra equa, ma non lo è, perché – secondo Cia – non tiene conto, appunto, del fatto che una parte considerevole dei fondi, milioni di euro, va nelle mani di pochissimi con superfici molto estese e capitali già consolidati, lasciando alla maggior parte delle piccole e medie imprese contributi molto più bassi.
“Basta squilibri, la Pac deve essere equa, altrimenti non ha più senso – ha aggiunto Fini -. Una soglia massima ai fondi per i big del comparto sarebbe un inizio importante, così come l’introduzione di un secondo criterio di assegnazione, oltre la dimensione anche la collocazione geografica. L’Europa deve puntare sulle aree interne e fragili assicurandogli un pacchetto aggiuntivo, attingendo per esempio ai fondi di coesione. Pretendiamo che torni al centro della Pac il valore delle zone rurali, delle aziende a conduzione familiare che, nonostante le difficoltà, tutelano il territorio e la biodiversità, le produzioni tipiche locali, fulcro del Made in Italy agroalimentare”.
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