Giorgia Meloni e il suo esecutivo affinano la strategia in vista del Consiglio europeo, mettendo sul tavolo dodici punti che spaziano dalla questione ucraina alla tutela delle imprese italiane. La premier, forte del sostegno della maggioranza, tiene il punto su tre capisaldi: sostegno incondizionato a Kiev, rafforzamento della difesa europea (senza scontentare troppo gli alleati atlantici) e un no secco a nuove imposte che possano frenare la crescita economica. La risoluzione è costruita per evitare frizioni interne e per definire le mosse del governo sui dossier più caldi, tra realpolitik e necessità di consolidare il consenso.
Continuità nell’appoggio all’Ucraina
La coalizione guidata da Giorgia Meloni conferma l’impegno a sostenere l’Ucraina con aiuti concreti per l’intera durata del conflitto, lavorando parallelamente a una soluzione negoziata. L’Italia coordina le proprie azioni con Bruxelles, Washington e i partner storici, mirando a un accordo basato sui principi delle Nazioni Unite.
Un passaggio chiave sarà la Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina, prevista a Roma il 10 e 11 luglio 2025, momento in cui verranno discusse le strategie per il rilancio economico del Paese.
La bozza della risoluzione che verrà presentata oggi in Parlamento, strutturata in dodici punti, ha ottenuto il consenso della maggioranza, evitando accuratamente riferimenti a iniziative divisive come la proposta di un contingente militare europeo.
Il documento pone l’accento sul rapporto con gli Stati Uniti e sul ruolo centrale della Nato, anche se Washington sembra sempre più propensa a sfilarsi dal sostegno incondizionato a Kiev. La volontà di un’azione politica allineata con i principali alleati occidentali resta, ma con un equilibrio più incerto rispetto ai mesi passati.
Strategia per la difesa europea
Nel mare agitato della geopolitica, Giorgia Meloni e il suo governo si muovono con l’intento di blindare le capacità operative degli Stati membri dell’Ue, tenendo sempre un occhio fisso sulla Nato. La risoluzione punta su strumenti di garanzia pubblica per spingere investimenti nell’industria della difesa e nei comparti tecnologici e infrastrutturali, perché senza fondi, le buone intenzioni restano sulla carta.
Nessuna citazione diretta al piano ReArm Europe, che pure ha avuto il via libera italiano, ma un chiaro segnale sulla necessità di allargare il perimetro, includendo anche settori strategici come la cybersecurity. Il dibattito interno alla maggioranza ha fatto emergere posizioni tutt’altro che allineate: tra chi spinge per un’accelerazione e chi teme ripercussioni sui conti pubblici, il governo cerca di trovare il punto di equilibrio tra sviluppo economico e strategia militare. Questo tema trova spazio nei punti nove e dieci della risoluzione, dove si delinea un percorso che punta a rafforzare il settore senza lasciare troppi spazi a dubbi e contraddizioni.
Medio Oriente e sicurezza internazionale
Il Medio Oriente continua a essere una polveriera, soprattutto dopo questa notte, dove gli Stati Uniti hanno di nuovo dato il via libera a Israele per bombardare Gaza, causando la morte di oltre 300 persone, tra cui molti civili e bambini, secondo il Ministero della Sanità palestinese. La Casa Bianca ha confermato di essere stata informata in anticipo dell’offensiva e ha espresso sostegno alle azioni di Israele, sottolineando che saranno adottate misure severe contro coloro che minacciano la sicurezza di Israele o degli Stati Uniti. Non ci sarebbe bisogno di commentare oltre, i fatti purtroppo parlano già da sé.
E qui il punto 4 della Meloni è purtroppo già un’altra utopia. C’era come priorità il mantenimento del cessate il fuoco a Gaza (che ormai è già diventato un punto inesistente), il rilascio degli ostaggi e il rafforzamento dell’invio di aiuti umanitari. Il dossier si allarga inevitabilmente alla Siria e al Libano, dove le tensioni restano alte e le conseguenze possono propagarsi ben oltre la regione.
Bilancio Ue: l’Italia contro nuove imposte
Il governo Meloni si prepara a entrare nel negoziato per il prossimo bilancio comunitario con la ferma intenzione di evitare nuovi balzelli che possano pesare su cittadini e imprese. Nessuna apertura a tasse aggiuntive, mentre si punta tutto su finanziamenti strutturali per agricoltura, coesione economica e sicurezza. L’esecutivo insiste sulla necessità di misure che diano respiro alla crescita e agli investimenti strategici, mentre il tema della riconversione industriale dei settori in crisi diventa un terreno di confronto tra chi spinge per una transizione ecologica più rapida e chi teme ripercussioni sul tessuto produttivo nazionale.
Flussi migratori e politiche di rimpatrio
La gestione dei flussi migratori resta uno dei nodi più spinosi, tra chi invoca muri più alti e chi chiede una politica più pragmatica. Il governo ha deciso di mantenere il tema tra le priorità dell’agenda Ue, insistendo sulla necessità di strumenti concreti per frenare l’immigrazione irregolare e rafforzare i rapporti con i Paesi di origine e transito. Tra le proposte, la creazione di centri di rimpatrio nei Paesi terzi, mossa che divide gli animi e che non ha funzionato granché, come abbiamo visto per l’Albania.
Il tema migratorio compare tra i dodici impegni messi nero su bianco dal governo, con l’intenzione di spingere Bruxelles a fornire strumenti più incisivi per gestire le frontiere senza lasciare l’Italia a fare da sola.
Decarbonizzazione, transizione energetica e competitività europea
La decarbonizzazione e la transizione energetica continuano a essere un campo di battaglia tra ambientalismo e realismo economico. Da un lato, c’è la necessità di spingere sulla sostenibilità, dall’altro c’è chi teme che regolamenti troppo stringenti mettano in ginocchio le imprese europee. Il governo Meloni si muove su questa linea sottile, parlando di sostenibilità senza far tremare l’industria. Snellire la burocrazia e rendere il sistema normativo meno soffocante è essenziale per mantenere competitività e attrattività per gli investimenti, senza trasformare la transizione ecologica in una zavorra per le imprese. Anche la riduzione del carico regolamentare entra nei dodici punti della risoluzione, perché se l’Europa si impantana nei suoi stessi cavilli, a guadagnarci saranno solo i concorrenti extraeuropei.
Nel frattempo, la questione delle spese militari torna a scaldare gli animi: portarle al 2% del Pil, come richiesto dagli Stati Uniti, continua a essere un tema divisivo, con Meloni pronta a difendere la posizione dell’esecutivo dagli attacchi interni ed esterni.
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